Di quest'antica terra
Un'opera trascinante nella quale sentimento e immaginazione si fondono strettamente con la storia di una città.
"Di quest"antica terra" è un libro piacevole e ricco di suggestioni, che si legge con la stessa passione con cui è stato scritto.
L'arte e la storia millenaria di un luogo ricchissimo di tradizioni, raccontata con brio e linguaggio raffinato.
Prefazione
Prima di avere tra le mani, in bozze, il libro che voi ora vi accingete a leggere, di Piazza Armerina, come tanti altri, avevo un’idea stereotipa, esclusivamente legata alla fama della sua celebre Villa romana e alle parole di Elio Vittorini “c’è un posto lombardo anche nella Valle Armerina”. Ma, a voler essere sincero fino in fondo, qualcosa in più conservavo nella memoria, come un vago disagio, dovuto al non essermi fermato mai abbastanza in quest’angolo di Sicilia. Vi ero stato un paio di volte in visita all’ammaliante Casale, per ammirarne, intruppato, i meravigliosi mosaici, e un’altra volta per vedere sfilare, in paese, la colorata processione del Palio dei Normanni.
Ricordo un giorno di ferragosto di una decina d’anni fa nella casa di campagna di Leonardo Sciascia, alla Noce, in territorio di Racalmuto. Assente Lui, come ogni anno in quei giorni ci eravamo ritrovati, la figlia Anna Maria, il genero Nino, il nipote Vito, mia moglie e io, a mantenere viva la tradizione del mezzagosto nel buen retiro dello scrittore. Dopo il pranzo si decise – fu mia la proposta – di andare a Piazza per assistere alla giostra dei cavalieri nell'arena polverosa e assolata del Sant'Ippolito.
Il viaggio, in quel pomeriggio di canicola, fu un tuffo nella Sicilia riarsa, tutta ocre e valloni spopolati. Proprio quella che si distende davanti agli occhi stanchi del principe di Salina, “interminabili ondulazioni di un solo colore, deserte come la disperazione”. Poi ecco, finalmente, l’antica urbe lombarda. E quel pomeriggio mi apparve diversa, perché lontana, Villa del Casale, dai nostri pensieri. E qui ne approfitto per dire di quanto distante può apparire quel miracolo di arte musiva dal paese che si fregia di custodirla. Due cose diverse, Piazza e la Villa del Casale; due mondi, l’uno a cancellare dalla vista e dalla mente l’altro. Per questo, come tanti altri viaggiatori, le altre volte avevo trascurato di visitare il paese: abbagliato, saziato dallo stupefacente spettacolo dei mosaici.
Mi apparve diversa, dunque, quel giorno, Piazza; ma la folla tutt’intorno era tanta e la fantasmagoria della sfilata del Palio così prevalente, da non consentirmi ulteriori considerazioni. Per questo quel vago disagio a cui ho accennato. Ora queste pagine di Pino Bevilacqua, e mi è tutto chiaro a proposito di quel disagio. Esso mi veniva dal rimpianto di non aver prestato la giusta attenzione a una città tra le più affascinanti della Sicilia e più cariche di arte. In un mio libro, a proposito dei siciliani, ho usato l’espressione “inquilini della storia”. Ora mi rendo conto che questa definizione è più che mai appropriata per gli abitanti di Piazza.
“Nei secoli”, annota Bevilacqua, “il paese ha vissuto tutte le più importanti vicende che hanno riguardato l’isola: la colonizzazione greca, l’impero romano, la presenza bizantina, la conquista araba e il regno normanno, la dominazione sveva e quella angioina, il viceregno spagnolo e la dominazione borbonica, l’insurrezione garibaldina e, infine, i fatti più recenti del Novecento”. Una sintesi della Sicilia, Piazza, e questo libro lo dimostra. E non sono da consultare come si fa con una qualsiasi guida, queste pagine, ma da leggere alla maniera di un magnifico racconto in cui un luogo, come tutti i luoghi della terra, si fa metafora dell’immenso mistero dell’universo.
Resta da dire della scrittura di Pino Bevilacqua che, dopo avere dato alle stampe cinque sillogi di poesia, si cimenta in un’opera trascinante nella quale sentimento e immaginazione si fondono strettamente con la storia di una città. Una sorpresa, per me. Difficilmente in libri come questi si può godere uno stile così raffinato senza nulla togliere alla chiarezza della narrazione e della descrizione. Ne avrete subito conferma nel secondo capitolo dedicato a una mitica sovrana: “Tali cose disse la regina Argelia con la sua voce melodiosa, che ancora oggi, certe notti d’estate, quando l’aria si fa bruna e d’ora in ora la luna sale più alta nella volta celeste, sembra d’ascoltare per le belle contrade di Monte Naone”.
E poi, a proposito dei rinomati mosaici: “Ma è schiudendo gioiosamente ‘ognun dei sensi’ che la Villa del Casale può apparire un grande libro da sfogliare, una lezione di storia a cielo aperto, un documento prezioso e inestimabile, unico nel suo genere. Nulla è più intelligibile dello sguardo premuroso di un’ancella, dell’allegra espressione di un fanciullo che gioca, del gaudio di un auriga vincitore, delineati con minute tessere di marmo sapientemente accostate”.
E ancora: “Per chi sa vedere le cose in modo inusuale, ricordando che le prospettive possibili sono tante e che non è giusto, né saggio, né utile rinserrare la propria visione entro limiti rigidi e concezioni cristallizzate, in ogni cantuccio di questa Villa vi sono segni disposti a raccontare, raccontare di quest’antica terra com’era tempo fa! Puntando la mente pare quasi di origliare fioche voci che provengono dalle sale, dai cortili: ‘Chiedono della domina… dicono di uscire tra i boschi… d’intrecciare una ghirlanda per l’amata… di versare libagioni per i Lari’. Intensa splende la nostalgia dei trapassati per questo mondo; in attimi duraturi, sbocciano i fiori profumati del loro rimembrare: delle passioni, dell’odio, ma anche delle forze positive: dell’amore, dei sentimenti, della pietas che provarono vivendo”.
Buona lettura a tutti. In particolare modo a quanti, visitando Piazza, sono consapevoli d’essere in cammino tra elementi artistici e naturali già prediletti da molti viaggiatori famosi. A ragione penso anch’io con Pino Bevilacqua.
Matteo Collura
Giornalista e scrittore
Di quest'antica terra
Editrice “Il Lunario”
Pagine 160, Euro 18,00
Formato 14x21
Presentazione di:
M.Collura,
giornalista e scrittore
Il libro è corredato
da 18 disegni
di Luigi Previti