Dal volume "DI TANTI SOSPIRATI SOGNI"
Se un giorno all'improvviso
Dal decimo racconto
Dopo l’amore Carla e Andrea si distesero su un dondolo in bambù, disseminato di morbidi cuscini, nel terrazzo che si affacciava sulla breve vallata percorsa dal fiume Gela. «Guarda, Andrea, guarda che paradiso, non ti pare che tutto sia rimasto come allora!» esclamò lei scrutando una regale luna piena che troneggiava nel viola del crepuscolo e spargeva i suoi pallidi raggi sul terrazzo, attraverso i rami contorti di un melograno carico di frutti che ondeggiava lievemente al centro del giardino.
Seguì un lungo sospiro. Andrea si sentiva rinato. Allungò una mano e accarezzò i suoi lunghi capelli, poi le sfiorò una guancia e, con voce rotta dall’emozione: «Ti amo. Ti amo come non ho mai amato in vita mia!». «Anch’io ti amo, mi siano da testimoni la luna e la prima stella della sera luccicante. Quello che oggi abbiamo provato durerà? Oppure dovrai far ritorno a Parigi», rispose Carla fissandolo intensamente.
«Andrò in Francia solo il tempo necessario a sistemare certi affari e tu verrai con me, se lo vorrai. Dopodiché torneremo a Piazza. È qui che voglio vivere, dove sono nato e cresciuto. A Parigi ci andremo di tanto in tanto, ho una casetta a Montmartre, vedrai ti piacerà», ribatté lui sicuro di sé. La luce lunare, passando attraverso i rami e le rade foglie del melograno, riverberava sugli arredi del terrazzo, tra cui spiccava una statuetta bronzea di “Amore e Psiche” che, in un crescendo di sensualità delicata, incanto e tenerezza, racconta l’incontro dei due mitici amanti immortalati nel momento in cui il loro desiderio erotico sta per avverarsi. Era un regalo di Andrea per Carla, acquistato in una bancarella sul Lungo Senna di Notre-Dame.
Immobilità e profondo silenzio dominavano sui colli intorno. Solo una tiepida brezza muoveva appena una nube color carminio che veleggiava verso ponente, spandendo ovunque profumo di magnolie e gelsomino. Spirava un che di languido che induceva alla tenerezza, al rapimento, ai desideri più segreti e riposti. Vedendo cadere una stella che ravvivò il buio con i colori dell’arcobaleno, Carla si alzò di colpo; poi, poggiando le braccia sull’inferriata, continuò a guardare il cielo in tutta la sua vastità. Andrea si alzò per raggiungerla e la serrò da dietro in un forte abbraccio, cui seguì un intreccio di mani, gesti affettuosi, sguardi intensi, segni inequivocabili dell’intesa ritrovata.
Interminabile notte d’incanto! Silenzio, bellezza, bisbigli, benefici aliti di vento, fragranze d’erbe fiorite, sospiri, incontri di labbra mai sazie di baci. Amare ed essere amati è sempre stata una ragione potente di felicità. Lontano, di là della valle e del fiume, sulle pendici basse del quartiere Monte, da una casa con un ampio portico, qualcuno intonò una canzone. Da un folto albero di corbezzoli del giardino volò una coppia di canarini, disturbati da una civetta di passaggio; da un pollaio chissà dove un gallo lanciò il suo chicchirichì; oltre il muro di confine del prato un cavallo ansimò nella stalla; dalla stradicciola passò al trotto un baldanzoso branco di cani diretti nella confusa ombra grigia di un casale abbandonato.
Carla rivolse lo sguardo al duomo colpito dal chiarore lunare che si rifrangeva in mille fasci di uce contro archetti pensili, lesene e conci bianco calcarico della torre campanaria in stile goticocatalano. Fasci di luce che, una volta originatisi, si levavano rapidi nel cielo scuro e tremolavano simili a farfalle di fuoco che a sciami riempivano l’aria intorno all’insigne monumento. D’improvviso anche Carla si sentì farfalla; come se completata la metamorfosi, il bozzolo che l’aveva rinchiusa così a lungo, si fosse aperto permettendole di venirne fuori, finalmente con quelle sembianze che aveva sempre amato: farfalla tra una miriade di farfalle rosseggianti, libera di posarsi e di volare ovunque desiderasse.
«Ah, che meraviglia!» esclamò lanciando ancora una volta lo sguardo verso l’alto per contemplare lo sfavillio delle stelle che si contavano a migliaia. Anche Andrea fece la stessa cosa; poi, distogliendosi un attimo, raccolse un hibiscus giallo e lo appuntò fra i capelli della sua amata, sotto le occhiate attente della luna. «Non permetterò più che la vita ci separi nuovamente, ti giuro che resteremo per sempre assieme», egli disse convinto ma anche timoroso che potesse ricevere un rifiuto. «La vita è piena di sogni che si possono avverare», rispose lei raggiante. «Per sempre? Ma amarsi per sempre è possibile!». Lui s’adombrò. Carla se ne accorse e lo tranquillizzò con una carezza. Dopodiché: «Come te, anch’io voglio la stessa cosa».
Il tempo di addentare una mela rossa, sottratta da una cesta di vimini sul tavolino, e di nuovo Andrea e Carla si distesero sul dondolo per ammirare il paese che cominciava a spopolarsi. Dalle voci che giungevano, s’immaginarono le scene di vita che animavano le case a quell’ora, mentre era tutto un tramestio per i preparativi della cena. Sentirono amarezza per il tempo che li aveva separati, ma pregustarono la felicità che li attendeva. L’amore è passione, è emozione, è alchimia imperscrutabile che in qualche modo rende per sempre due amanti un cerchio perfetto. Adesso che si erano ritrovati avrebbero davvero avuto una vita senza confini, dove non ci fosse separazione fra ciò che volevano e ciò che sognavano? Due vite in una finalmente, perfetto connubio tra sogno e realtà!