frecciamia

 

 

Dal volume "IL TEMPO E LA MEMORIA"

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 Il volo inesorabile

 

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Non ci sono verità assolute ma solo flebili segnali intellegibili per aiutarci a capire ciò che non siamo e ciò che non vogliamo. Le nostre povere forze sono poca cosa, se paragonate a quelle di un campo di grano che nasce da una manciata di chicchi e si difende strenuamente dai rigori dell’inverno pure quando questo è troppo rigido. Nell’uomo è insopprimibile il desiderio di gioire e far dono di sé, sebbene a volte si lagni del fardello che vivendo è costretto a portare sulle spalle. La noia, il rimpianto, il dolore, le amarezze abituali, sono sbuffi ineluttabili che tracimano immancabilmente dal vivere quotidiano. Oggi il tramonto sembra un po' fiacco e il sole tentenna se fermarsi o procedere per andare a illuminare altre terre che lo attendono con ansia. Vana è anche solo l’idea di impegnarsi in cose impossibili da realizzare: felicità è desiderare ciò che già si possiede e accettare serenamente il proprio destino! Nella stagione autunnale la natura s’accende di giallo e di rosso. Prima del lungo sonno invernale, valli e boschi lanciano come un ultimo canto e le fronde stormiscono in una sinfonia interminabile di immagini. Se vogliamo rinascere a nuova vita, dobbiamo imparare a morire a noi stessi ogni giorno, ancor prima del volo inesorabile che di certo un giorno ci spetta! 99

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Se stasera all’improvviso, da questi monti incanutiti, affiorassero folletti o una masnada di elfi mi rapisse sulla luna, non stupirei più di tanto giacché l’hic et nunc mi ha svuotato di ogni intenzione. Giochi di luce e suoni inverosimili s’intrecciano nell’aria; stilla una sorgente finissime gocce d’acqua che riverberano al pallido sole. Tutto è superbamente bello, ma niente osa vantarsi della propria bellezza! Nondimeno ogni cosa è anche dolorosamente mortale. Il tempo di voltarmi, e già l’oro fuso del tramonto sfuma rapidamente fino a non essere più. Il cambiamento è un pungiglione acuminato che può fare tanto soffrire se non si sa come trattarlo! Ancora un soffio di tempo e fra le nubi inizia a spargersi una venatura di viola. Spifferi umidicci annunciano l’arrivo della sera, che nella malinconia dell’ombra ogni cosa agli occhi nasconde. “Ma tutto questo è nascere o morire?”, mi interroga una voce che affiora dalle vertiginose altezze del Cielo adamantino che mi sovrasta. In realtà i segni della nascita e della morte si confondono fra loro e nessuno sa distinguerli con certezza. A che pro’ aspettare il momento della fine, per essere consapevoli dell’impermanenza delle cose e della finitezza della vita? Riflettere sulla nostra transitorietà aiuta a vivere pienamente il presente, per quanto è auspicabile che l’Angelo Nero sia una lunga attesa. Il cielo è così profondo e così aperto. Sporgendomi dalla rupe, cerco di seguire a tu per tu il volo di uno sparviero che veleggia su un costone roccioso punteggiato di ginestre. È salendo sempre più in alto che si può provare a essere felici! 100

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Quello che perdiamo restando ancorati a una visione troppo angusta del mondo, non sarà facile riottenerlo. Come uscire dal serraglio pieno zeppo di illusioni? Che cosa siamo disposti a offrire in cambio di una vita variegata e feconda? Frastornato dalle difficili domande, alzo lo sguardo verso la prima Stella della sera che incorona una sfolgorante Luna piena. Poi, senza che me ne avveda, una forza arcana afferra il grano di terra a cui sono abbarbicato e lo trascina nelle praterie celesti, dove il cielo è così trasparente che sembra levigato dalle mani pazienti di un fanciullo desideroso di mostrare al suo maestro d’arte quanto da lui abbia imparato. Una varietà di toni, dal viola al rosso tenue, si offre al mio sguardo che li trapassa da parte a parte come se i miei occhi fossero fioretti acuminati. Ma quando una nuvola passeggera interrompe la tavola di colori, macchiandola qui e là di un bianco lattescente, pronta la mano del fanciullo riprende alacremente a levigare, per sgombrare quegli sbuffi che adombrano la visione e impediscono a una fila di cicogne il cammino verso l’agognata meta. Proveniente da non so dove, s’ode poi un flebile brusio che suona come musica soave alle mie orecchie. E quando ancor di più la brezza nella valle in cui mi trovo si rafforza, s’intensifica l’onda dello stagno e le foglie degli olmi sembrano ubbidire al comando di un grande direttore d’orchestra che esegue un concerto animato da grazia sensuale e pieno zeppo di espressioni 101 armonistiche, contrappunti e timbri polifonici. Il luogo iridescente, che in alto mi si para davanti d’improvviso, è il solo luogo al mondo in cui un uomo può raggiungere la plenitudine del proprio “essere primigenio”, nato ancora prima del tempo! 102